Per materiali da scavo s'intende il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un'opera come (articolo 1, comma 1, lettera "b", del Decreto ministeriale 10/08/2012, n. 161):
- scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.)
- perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento, ecc.
- opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada, ecc.)
- rimozione e livellamento di opere in terra
- materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulometriche provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d'acqua, spiagge, fondali lacustri e marini
- residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un'opera e non contenenti sostanze pericolose, quali ad esempio flocculanti con acrilamide o poliacrilamide.
I materiali da scavo possono anche contenere: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato. La composizione media dell'intera massa non deve però presentare concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti.
L'articolo 41-bis del Decreto legge 21/06/2013, n. 69 introduce una procedura "semplificata" per la gestione delle terre e rocce da scavo provenienti da opere non soggette a valutazione di impatto ambientale (VIA) o ad autorizzazione integrata ambientale (AIA), indipendentemente dai volumi di terre e rocce prodotti. La norma prevede che il proponente o il produttore dichiarino che:
- è certa la destinazione all'utilizzo direttamente presso uno o più siti o cicli produttivi determinati
- in caso di destinazione a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, non sono superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della Tabella 1 dell'Allegato 5 alla Parte IV del Decreto legislativo 03/04/2006, n. 152, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali ed alla destinazione d'uso urbanistica del sito di destinazione e che i materiali non costituiscono fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale
- in caso di destinazione a un successivo ciclo di produzione, l'utilizzo non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo delle materie prime
- ai fini del secondo e terzo punto, non è necessario sottoporre i materiali da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.
La dichiarazione deve:
- essere redatta come "autocertificazione"
- essere trasmessa all'ARPA e, per conoscenza, allo sportello unico (articolo 41-bis, comma 2 del Decreto legge 21/06/2013, n. 69)
- contenere le indicazioni sulla quantità e qualità dei materiali da scavo e sui siti interessati (produzione, deposito e utilizzo) per permettere la verifica del rispetto delle quattro condizioni sopra indicate, indispensabili per poter gestire il materiale come sottoprodotto anziché come rifiuto.
La modulistica da utilizzare è pubblicata sul sito dell'ARPA.